Giovanni Buzi: Le mystère des logogrammes de Christian Dotremont

2002

estratto

 

Sui logogrammi aleggia un mistero. Non intendo il “mistero” che nutre e si sprigiona da ogni opera d’arte riuscita, di cui, a mio avviso, essi fanno parte. Tenterò d’avvicinarmi alla loro carica poetica e di dipanare qualche filo conduttore negli altri capitoli di questo breve lavoro. Faccio riferimento ad un mistero ben più prosaico, che mi sembra però toccare un nodo centrale della genesi e della natura dei logogrammi; ignorarlo potrebbe falsare la loro comprensione, occuparsene significa entrare nel cuore della teoria elaborata a riguardo dallo stesso Christian Dotremont e smontarne l’ingranaggio centrale. Arduo lavoro, ne sono cosciente, ma cercherò di svolgerlo.

 

Un logogramma è un manoscritto unico, un testo tracciato con estrema spontaneità senza alcuna cura per la regolarità e le proporzioni consuete delle lettere, senza alcuna preoccupazione della leggibilità. Le lettere s’agglomerano, si distendono, si calamiitano, a volte si scontrano, si dilatano, s’amplificano o si rimpiccioliscono fino a ridurs a rapidi segni, tocchi, punti. L’insieme del testo viene poi ritracciato a matita tramite una minuta grafia di lettere del tutto leggibili.
I logogrammi sono manoscritti che si rendono “visibili” negando la leggibilità usuale delle parole, “comprensibili” nei testi trascritti in margine, “graficamente parlanti” nelle peregrinazioni del segno. Una mescolanza di comprensibilità e occultamento, senso e non-senso, parola graficamente significante e testo “letteralmente” leggibile.
Dal 1962 al 1979, anno della morte di Dotremont, saranno creati circa 2.000 logogrammi, la maggior parte con inchiostro di china su fogli di carta bianca. Nel 1962 Dotremont traccia a Tervuren nei pressi di Bruxelles a penna i primi logogrammi, sempre dello stesso anno sono i primi logogrammi a colori con pastelli ed olio, questi elaborati a Silkeborg in Danimarca. Nel 1963, di nuovo a Tervuren, prendono vita i primi logogrammi con inchiostro di china.
Seguiamo passo a passo la nascita d’un logogramma.
Dotremont ha predisposto tutto per dar vita alla sua opera. Davanti a sé ha un tavolo con un foglio di carta, altri fogli attendono poco distanti, inchiostro nero e pennello. Quell’attimo prima del segno! Quanta tensione, quanta esitazione difronte al vuoto e quanta voglia di riempirlo, di conquistarlo, d’imprimere la propria impronta! Le parole, le frasi sono in ebollizione, pronte a concretizzarsi, ad invadere, conquistare lo spazio. Pronte a cozzare l’una contro l’altra, ad infrangersi, a sollevarsi, respirare, entrare nel mondo del visibile. E scaturiscono all’improvviso, di getto, a volte animate da un’apparente disciplina che presto scivola in una concitata animazione, a volte decise, violente. Si dipanano rendendo visibile l’energia che le anima e l’invisibile testo “significante” che portano. Perché non sono parole e frasi gratuite, veicolano un testo, un testo che s’inventa ad ogni parola, un testo in divenire.

 

 

 


 

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