Giovanni Buzi: Caduta (2004)

 

 

Ricordi d’una contessa

Introduzione di Olivier Duquenne al libro Sesso, Orrore e Fantasia

Quando il conte Gyorgy Thurzo forzò le porte del castello di Csejthe, lo spettacolo che scoprì lo ghiacciò d’orrore. Elisabeth Bathory, la padrona di casa, aveva trasformato i sotterranei del suo maniero in svariate sale di tortura. Sangue secco maculava i muri delle celle. I soldati videro le anguste camere di pietra nelle quali venivano imprigionate giovani vergini. Più avanti nei sotterranei, Thurzo e i suoi uomini scoprirono una dozzina d’adolescenti ancora vive, ma quasi completamente prive di sangue. Sotto al castello e nei dintorni, furono riesumati una cinquantina di corpi. Questa storia autentica non ha niente di romanzesco, la perquisizione ebbe luogo esattamente il 29 dicembre del 1610. Condotta di fronte a un tribunale, la contessa “sanguinaria” rifiutò di rispondere. Fu condannata a essere murata viva. Elisabeth Bathory aveva vissuto nel costante timore d’invecchiare e veder sfiorire la sua leggendaria bellezza. Al fine di conservare per sempre la sua giovinezza, le venne l’idea di fare bagni in vasche riempite con il sangue fresco di giovani ragazze. Oggi, divide col celebre Vlad l’Impalatore l’onore d’essere all’origine del mito dei vampiri.


Conoscevo già i disegni di Giovanni Buzi, ma solo da poco ho intrapreso la lettura delle sue novelle “orrorifiche”. Il racconto “Ibrido in fame” m’ha subito fatto pensare alla contessa “rossa”. Elisabeth Bathory mi sembra riflettere alcune caratteristiche dei personaggi delle novelle di Giovanni. La contessa è una creatura ibrida. Il solo dipinto conosciuto dell’aristocratica ungherese mostra un volto d’una bellezza angelica che maschera un’anima da demone. Giovanni m’ha rivelato che a interessarlo nella figura dell’ibrido è la perpetua metamorfosi. La contessa, essere ambiguo metà angelo, metà demone, provoca un misto di curiosità e perverso piacere. Il tema del “doppio” è stato spesso trattato in letteratura, ma i principali riferimenti di Buzi restano E. Poe e H.P. Lovecraft. Altra caratteristica che legittima il rapporto con Bathory è un dandysme venefico, quel chic al cianuro che distilla dalle sue novelle. L’autore m’ha confidato che adora l’effetto “Proust che precipita in un pozzo d’orrore”. Quello che può ugualmente turbare la nostra lettura è quell’indissociabile legame tra sessualità e crudeltà. Ciò rimanda alla contessa “sanguinaria”, ma anche al marchese de Sade o al pittore Francis Bacon. Per ognuno di essi l’atto sessuale non può che essere violento o crudele. Buzi è cosciente, come Bacon, che il piacere sessuale rivela innanzitutto l’animalità che è in noi; un’inquietante evidenza biologica capace di corrodere ogni nostra barriera sociale, culturale, religiosa e morale. Quello che mi colpisce nei disegni di questa raccolta, è il rapporto, forse inconscio, ma spesso presente con la figurazione araldica. I numerosi angeli mi portano alla mente antichi blasoni e i capitelli scolpiti delle chiese romaniche.

Evidente è anche il rapporto con la mitologia. I racconti popolari ungheresi hanno trasformato da molto tempo ormai Elisabeth Bathory in vampiro prossimo alle gule e lamie; figure mitologiche che ricorrono di frequente nei disegni di Buzi, in modo particolare la lamia.


Figlia di Belo, Lamia era stata la più graziosa donna della Libia. Diede numerosi figli a Giove, la maggior parte uccisi da Era. Lamia, diventata folle e mostruosa, iniziò a divorare con avido piacere la prole degli uomini. In seguito, s’associò alle Empuse, sorta di demoni succubi, e prese ad accoppiarsi con adolescenti succhiando loro sangue mentre dormivano. Nell’antica Grecia la lamia è rappresentata come serpente alato dal busto di donna o belva dal viso e dal seno di giovane ragazza. Altro personaggio che ha potuto influenzare il repertorio iconografico di Giovanni Buzi è il demone femminile Lilith. Come altri demoni d’origine mesopotamica, le sue rappresentazioni sono estremamente varie. La tradizione cabalistica la voleva compagna di Samael, l’angelo della morte. Secondo alcuni racconti, Dio avrebbe punito Samael evirandolo, il che spiegherebbe l’insaziabile appetito sessuale di Lilith, alla perenne ricerca d’amanti. Secondo differenti tradizioni, Lilith s’accoppia a un drago cieco nei periodi di pestilenze o carestia; altre piste da seguire nel tentativo di decodificare i disegni di Buzi che mostrano amplessi di creature ibride e androgine.


A volte, l’autore riesce, in modo sorprendente, a far combaciare orrore e fantasia, ma difficilmente ci si sarebbe aspettati d’imbattersi, tra le figure di questo libro, in Pinocchio. Eppure, è qui... Logicamente, la marionetta evoca pulsioni feticiste e sessuali. Inutile sottolineare che se al Pinocchio di Buzi s’allunga il naso è per altre ragioni che le bugie!
Dopo aver evocato i miei ricordi d’una contessa sanguinaria, d’una Lamia vorace, dell’insaziabile Lilith, io mi ritiro in punta di piedi e lascio a chi leggerà queste novelle e a chi guarderà questi disegni il compito di convocare ogn’altro spirito di sua conoscenza. 

Olivier Duquenne

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