Giovanni Buzi, Testa Rossa (1990)

Giovanni Buzi: Amore Impossibile

Sdung!
L’atterraggio non fu morbido.
No, non era spugna quella e neanche un campo di cotone.
Cosa allora? Di quale materia era la superficie piatta e liscia, lucida come una pentola nuova che si stendeva per ogni lato a perdita di vista?
Ping e Pong saltarono fuori dall’astronave. Fatti due rimbalzi sding! sdong! restarono a guardarsi intorno meravigliati: lo strano pianeta risuonava anche come una pentola.
Ping e Pong abitavano su Pallade, nella lontana galassia di Sferolandia. Erano due palle, come ogni altro abitante di quel pianeta. Due giovani palline rispetto alla loro concezione del tempo; un anno in quella galassia valeva un secolo sulla Terra. Avevano da poco compiuto 20 anni, 2000 per i terrestri, ma a vederle non dimostravano neanche 20 giorni: nuove come appena uscite dalla fabbrica! Un metro e mezzo circa di diametro e d’una materia elastica e trasparente fra il vetro e la gomma. Comunicavano tramite radiazioni inudibili per noi, ma visibili; ad ogni parola emessa s’accendevano all’interno di ramificazioni colorate. Saltellavano come biglie di caoutchouc e all’occasione potevano allungare appendici elastiche adatte ad ogni uso.
La loro missione: “Ricerca, rinvenimento e trasporto su Pallade d’esemplari di Muschi Celluloidi”, esseri tra il vegetale e l’animale capaci di secernere “cellulosa propilattica”, materia indispensabile su Pallade e sempre più rara. Nell’intera galassia di Sferolandia i preziosi ibridi, colpiti da una malattia sconosciuta, erano in via d’estinzione.
– A prima vista, niente Muschi Celluloidi, disse Ping in un accendersi di scariche rosso viola.
Pong fece un rimbalzo d’almeno 100 metri. Ricaduto a terra s’accese di blu e disse: – Confermo.
– Eppure i nostri osservatori–spia si sbagliano raramente. Se hanno reperito tracce di Muschi Celluloidi su questo pianeta, da qualche parte devono stare.
– Confermo – ripeté Pong – ma dove?
– Siamo qui per questo: cerchiamoli!
– Dobbiamo trovarli a tutti i costi. Su Pallade è una vera tragedia; mio nonno non rimbalza quasi più – disse Pong in un lampo amaranto.
– Non me ne parlare! Mia nonna s’è già afflosciata per metà – pulsò di blu venato di rosso Ping.
– È terribile, diamoci da fare! – fu irradiato d’una scarica verde speranza Pong.
Le due sfere sding! sdong! iniziarono a saltellare lasciandosi alle spalle l’ovale vermiglio dell’astronave. La superficie lucida e piatta del pianeta sembrava non aver fine. Saltella saltella, le due palle Sgrinck! infransero la superficie e sprofondarono in un pozzo interminabile. Il cielo azzurro scomparve in uno stridio assordante di spirali verde mela e ciclamino.
– Dove stiamo cadendo? – urlò Ping in una scia viola panico.
– Nessuna idea!... –  s’accese di rosso allerta Ping.
Sdrrooonggg!
Vibrazione bronzea, amplificata.
Avevano toccato il fondo!
Ricadendo a rimbalzi, le sfere furono ben felici di costatare che non avevano esaurito le loro riserve di “cellulosa propilattica”, altrimenti sarebbero esplose come palle di vetro soffiato. A giudicare dall’eco, dovevano trovarsi in un ambiente chiuso e piuttosto ampio. Completamente buio.
– Cazzo! – s’accese di rosso choc Ping.
Videro la grotta, per un secondo.
– I visori! – fece Pong.
Dalle sfere si sprigionò un chiarore lattiginoso che scoprì una grande cupola sorretta da un’unica parete cilindrica, bucherellata come groviera. Il tutto della stessa materia della superficie.
– Come faremo a comunicare con gli esseri di questo pianeta, sempre che ce ne siano? – disse Pong a Ping.
– Ci siamo e non è difficile comunicare con noi – risuonò una voce nella caverna.
Le due palle si guardarono intorno: nessuno.
– Chi parla, e come fate a conoscere la nostra lingua? – s’illuminò di giallo curiosità Pong.
– Siamo in zona Traduzio Intergalatticorum, una banda dell’universo in cui ogni essere vivente può comunicare con qualsiasi altro – rispose quell’essere invisibile.
– Però – esclamò in una ramificazione argentata Ping – mica male!
– Dove siete, come siete fatti? – aggiunse Pong.
– Siamo qui!
Le due sfere s’orientarono verso la voce e, tutt’in alto, splendente tra un esercito di lucide forbici, videro un bel forbicione! Omessi brillantezza e formato, del tipo più comune sulla Terra.
– Venite dalla galassia della Via Lattea, pianeta Terra? –chiese Ping che conosceva a menadito la materia “Galassie, pianeti e accessori” (non per niente era stato scelto con Pong per questa missione più che delicata).
– Sei perspicace, Palladico (abitante di Pallade) – disse il forbicione in un aprirsi e richiudersi delle lame. – In effetti, un’antica leggenda narra d’una nostra lontanissima origine terrestre, ma a tutt’oggi nessuno è stato in grado di trovare prove certe. Per quanto appassionante il nostro albero genealogico, non credo abbiate fatto un così lungo viaggio solo per questo. Posso permettermi di chiedervi: qual buon vento vi porta?
Era ben educato, per un forbicione! Ping e Pong ne furono rassicurati. Senza omettere un solo dettaglio, parlarono della catastrofica situazione su Pallade. La grossa forbice ascoltò ogni parola, infine disse: – Bene, seguitemi. Vi porto in presenza di Sua Maestà Forbicione VII.
Ping e Pong seguirono lo sciamare di quel metallico esercito che, al seguito del forbicione, s’era catapultato in uno dei buchi della parete cilindrica. Il tubo di vuoto correva tortuoso con bruschi scarti d’angolo. Le due palle si sentirono risucchiate da una potente corrente d’aria, come all’interno d’un gigantesco tubo d’aspiratore. Lanciando sprazzi di viola terrore, Ping e Pong si trovarono spesso faccia a faccia con le pareti, ma per pochi millimetri, la corrente d’aria riusciva sempre a non farli spiaccicare come insetti. Una frenata da brivido, e si ritrovarono nella Sala del Trono. Enorme fu la sorpresa!
Forbicione VII, sovrano noto in varie galassie per l’amore del lusso, apparve in tutta la sua grandeur! In cima a una scala d’argento, adagiato su un trono foderato di velluto blu tempestato di stelle d’oro, si poté vedere il più bel forbicione dell’Universo: robusto, lame affilate, due viti a prova di bomba e splendente più del sole! Era affiancato da sua moglie, la regina Forbiciona II, la loro unica figlia, la graziosa Forbicina e l’intera corte. Ping e Pong, dopo essersi inchinati, vale a dire, un po’ appiattiti sul pavimento, si rialzarono e fatti i debiti rimbalzi–saluti, restarono ad ammirare tanto lusso e tanta bella nobiltà!
– Siamo onorati di ricevervi, oh Pallanti! – pronunciò con garbo e maestà Forbicione VII.
– Il piacere è tutto nostro – palleggiarono di lampi e strass Ping e Pong.
– A quale onore dobbiamo la gradita visita? – disse con bell’accento Sua Maestà.
In un graduale spegnersi di luminosità e di rimbalzi, Ping e Pong illustrarono la terribile situazione su Pallade. In cambio dei Muschi, Forbicione VII poteva chiedere ciò che voleva.
– Io e il mio popolo desideriamo una sola cosa: la cacciata dei Foglianti! – disse il degno sovrano.
A quelle parole, tutti gli abitanti del pianeta, vale a dire milioni di forbici, sbucarono da ogni foro delle pareti e, dopo essersi debitamente prostrati al cospetto di Sua Maestà, si rialzarono e in generale uno sforbicio di lame gridarono in coro: – Che si caccino i Foglianti!
Tornato il silenzio, la regina Forbiciona II prese la parola. Su Tagliante, forbici maschi e femmine avevano uguali diritti, se non cucire, erano capaci entrambi di tagliare (per favore, non chiedetemi come sia possibile distinguere una forbice maschio da una femmina). Torniamo a noi, anzi a loro. Forbiciona II con voce grave, al limite del commosso, iniziò a parlare della catastrofe abbattutasi su Tagliante: – Ognuno conosce le sue pene – diceva mesta. – Quante ne stiamo passando su questo pianeta!... I Foglianti rapiscono le giovani forbici e rubano tutte le uova che gli capitano a portata d’incarto!
– Quali uova, Maestà? – s’accese d’un rispettoso blu di Prussia Ping.
– Le nostre!
– Voi forbici, senza offesa, ehm... covate?
– Sì perché? – fece stupita la regina.
– Uova di forbice... questa non l’avevo mai sentita – disse sottovoce Ping a Pong.
– Da quando sono sbarcati quei maledetti Foglianti – riprese Forbiciona II – siamo costretti a vivere nascosti sottoterra. E non è tutto, ci hanno portato una terribile malattia: la Ruggine!
A quella parola non ci fu una sola forbice che non tremò. I clit clit di terrore s’amplificarono nella vasta Sala del Trono.
– Coraggio popolo! – gridò Forbicione VII. – V’assicuro che quei mostri saranno cacciati per sempre da Tagliante!
Gli urrà! esplosero. Approfittando della confusione, la principessa Forbicina lanciò di sottecchi a Ping uno sguardo più che incoraggiante. Ping lo fece notare a Pong.
Tornata la calma, Forbiciona II riprese la parola:
– I Foglianti sono strani esseri: all’apparenza, sottili come fogli di carta, circa un metro quadrato, bianchi, capaci di spostarsi veloci come il vento, resistenti, flessibili e camaleontici! Possono appiattirsi su ogni superficie e imitarne colore e consistenza. Su Tagliante è più d’un anno che piovono quei mostri da Fogliante, galassia di Cartediem. Si nascondono dappertutto e fulminei s’avvolgono sulle uova, le giovani forbici e ripartono a razzo sul loro pianeta. Hanno disseminato la Ruggine, una terribile malattia capace d’attaccare il nostro metallo–vivifico... – la sovrana, commossa, non riuscì a proseguire.
– Sulle forbici – continuò il re – iniziano a comparire punti rosso bruno, che s’estendono sempre più fino a invadere e corrodere l’intero corpo. Cosa possiamo fare, oltre a tener nascoste alla vista delle sane, le forbici condannate al totale sgretolamento? Sembra che su Fogliante siano ghiotti d’uova e giovani forbici: è terribile!
– Le pagano a caro prezzo – aggiunse afflitta, ma degna la regina. – I Foglianti più abbienti ne offrono nei loro banchetti, s’avvolgono intorno alle vittime ancora vive e lentamente, con una goduria sopraffina, le sciolgono e le digeriscono. Siamo in piena zona Traduzio Intergalatticorum e quei mostri rifiutano di parlare con noi! Da più d’un anno, rapiscono e tornano in un via vai di morte... – terminò piegando un poco le lame la sovrana.
– Ne abbiamo abbastanza di questi atti pirateschi! – urlò a pieni polmoni il sovrano.
– È vero! – fece eco l’intero popolo.
Ma nessuno si faceva più illusioni: un giorno sarebbero tutti scomparsi. La coppia reale aveva molto a cuore ogni forbice e, com’è comprensibile, soprattutto temevano per la loro unica figlia, la piccola Forbicina. Nonostante la stretta sorveglianza, quei mostri avevano tentato più volte di rapirla. In verità, era graziosissima e più che appetitosa: d’una lucentezza discreta, quasi d’argento antico, con la punta delle lame un poco rialzata, sembrava creata solo per rimuovere le pellicole delle unghie delle Fate. Come potesse distinguere Ping da Pong, la bella principessa, resterà per sempre un mistero; erano identici. Per quale segreta alchimia, il suo cuore di forbice palpitò per una sfera? Neanche a ciò è dato rispondere. Amore a prima vista d’una forbice con una palla: questo è il bello della diretta! Ma, è risaputo, il solo amore raramente è capace di risolvere ogni problema: i Foglianti e la Ruggine erano sempre lì.
– Esaminiamo un problema alla volta – disse Ping. – Per prima cosa occupiamoci dei Foglianti.
Il popolo esultò.
– Bene, lasciateci riflettere.
Le due sfere saltellarono per un po’ a luci spente, poi si fermarono e Pong prese la parola: – I Foglianti sono rapidissimi, s’attaccano alle pareti dei labirinti e si mimetizzano?
– Sì, fece in coro il popolo.
– Ebbene, spariranno!
Le due palle fecero tappare ogni buco del sottosuolo a groviera. A un foro collegarono un tubo allungatosi dal corpo di Ping che vi iniettò una buona dose d’un gas di sua invenzione. Pochi istanti e ogni Fogliante fu polvere.
Il popolo esultò.
– La Ruggine, la Ruggine! – gridarono tutti.
Ping, il cuore in lacrime, si prostrò ai piedi dei sovrani.
– Cosa succede, caro amico? – chiese inquieto il re.
– Ho una richiesta da farvi, oh Maestà!... Ma credo di non esserne degno – s’accese d’una ramificazione rosso sangue a forma di cuore infranto.
– Cosa odo! Ci avete or ora tolto di mezzo quei mostri. Parla Palladico, cosa desideri?
– Una sola cosa: la mano di vostra figlia.
Un mormorio si levò nell’enorme Sala del Trono.
– Papà, anch’io l’amo! – ebbe la forza di gridare la timidissima Forbicina.
Mamma e papà forbice si scambiarono uno sguardo più che interrogativo.
– Non dare la colpa a me! – mise le lame avanti la sovrana. – So come vanno a finire queste faccende, sempre la colpa alla madre che non ha saputo educare i figli come si deve...
– Non è il momento cara – sorrise a motosega Forbicione VII. – Taci ora, ne parleremo in altra sede. Si rivolse ancora a Ping e proseguì: – vi concedo di buon grado la mano della principessa... se riuscirete a sgominare la Ruggine, tanto più che la piccola non mi sembra affatto contraria – terminò vedendo Forbicina che, per la prima volta in vita sua, aveva osato mettersi in bilico su una sola punta di lama e girava, girava...
La Ruggine s’annidava dappertutto, i labirinti sotterranei ne erano invasi. Ping utilizzò la stessa tecnica usata contro i Foglianti, con una piccola, significativa variante. Fu la forza dell’Amore, un lampo di genio o solo una felice combinazione? Il fatto è che nel gas iniettò un sospetto di “Mostro Lindo”: pochi istanti e la Ruggine sparì!

Fine della storia: Pong tornò su Pallade con una bella scorta di Muschi Celluloidi, Ping sposò Forbicina. Le nozze furono sontuose, i festeggiamenti degni di Sua Maestà Forbicione VII. Gli sposi si concessero un breve viaggio di nozze su Lettoide, un satellite del lontano pianeta Motelodò. Rientrati, occuparono un palazzo tutto per loro. La Natura, qualunque essa sia, seguì il suo corso e così il pancino di Forbicina cominciò a crescere. Dopo un mese ne uscì un bell’uovo!
– Assomiglia tutto a me! – s’entusiasmò Ping.
– C’è ancora tempo, caro figliolo – disse la regina. – Questo è solo l’uovo, Forbicina adesso lo coverà per nove mesi e poi finalmente si schiuderà!
Nessuno osava parlare, ma una domanda volteggiava nell’aria leggera e folle come una farfalla a primavera: che sarebbe uscito da quell’uovo?
Chi vivrà, vedrà.

(Pubblicato nella raccolta "Space Prophecies", pubblicata da Yavin 4, 2007)